giovedì 27 agosto 2009

L’idea della resa è impopolare per l’individuo moderno, il cui orientamento si basa sull’idea che la vita sia una lotta, un combattimento o quanto meno una contesa. Molte persone considerano la vita una attività che tende a un qualche conseguimento, a un qualche successo.

L’identità personale spesso è più legata all’attività della persona che al suo essere. Ciò è tipico di una cultura narcisistica, nella quale l’immagine è più importante della realtà. Di fatto, per molte persone l’immagine si sostituisce alla realtà.

In una cultura narcisistica, il successo sembra conferire autostima, ma solo in quanto gonfia l’Io dell’individuo. Il fallimento ha effetto opposto, giacchè produce una deflazione dell’Io.

In questo clima, la parola “resa” è equiparata ad una sconfitta, ma in realtà è solo la sconfitta dell’Io narcisistico. (…)

Resa non significa abbandono o sacrificio dell’Io. Significa invece che l’Io riconosce il proprio ruolo subordinato al Sé, la propria funzione di organo di coscienza e non di padrone del corpo. Dobbiamo riconoscere che il corpo ha una saggezza frutto di miliardi di anni di storia evolutiva, che la mente conscia può solo immaginare senza però riuscire mai ad afferrare.

Il mistero dell’amore, per esempio, va oltre la portata del sapere scientifico. La scienza non può stabilire alcun collegamento tra la concezione del cuore come una pompa che invia il sangue a tutto il corpo e il cuore come organo dell’amore, che è un sentimento. (…)

Non è vero che mente e corpo siano uguali, come alcuni sostengono. La loro apparente uguaglianza è la conseguenza della visione limitata della mente conscia, che vede solo la superficie delle cose. Come nell’esempio dell’iceberg, noi vediamo solo poco più del 10% della sua massa. La parte oscura, la parte inconscia del nostro corpo, è quella che fa fluire la nostra vita.


Alexander Lowen (1919 – 2008) “Arrendersi al corpo”

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