Un altro raccontino nuovo nuovo
C'e musica in questo pomeriggio d'agosto nella assolata piazza centrale. La band dispensa jazz indolente, sinuoso, che avvolgente si insinua nelle fessure, scorre tra la pavimentazione di pietra ed arriva a riempirmi il bicchiere. Delle poche anime oltre la mia ad assaporare questo confuso cocktail ognuna è un sorriso a seguire la ritmica che si attorciglia su se stessa.
Anch'io sono un sorriso che si allarga sotto un paio di occhiali da sole che celano il mio sguardo mentre si incrocia con quello del sassofono tenore altrettanto celato. Entrambi sappiamo che ci stiamo osservando, nascostamente da lontano, in un gioco divertente e crudele che dura da tanto, troppo tempo. Entrambi sappiamo e rimaniamo ognuno diligentemente al proprio posto fino alla fine, fino a quando anche l'ultima nota, l'ultima goccia di suono finisce di vibrare nell'aria.
E' questo il momento, l'attimo per passare dall'indolenza all'azione. Il sassofono viene riposto delicatamente nella custodia con attenzione infinita, unico vero amore al quale il musicista rimarrà per sempre fedele. Ancora nella retina mi e' rimasto il riflesso lucente dell'ottone mentre, con lento incedere, il sassofonista già si dirige verso di me.
E' un tuffo al cuore e nel tempo che mi riporta a dodici anni fa. Ancora e sempre intatta la stessa sensazione persistente sotto pelle. E' vicino e non intendo ricambiare lo sguardo attraverso lenti scure, questa volta voglio vederlo in tutti i suoi colori e non mi sbaglio. Tra noi poche e futili parole a fronte di grandi silenzi carichi di significato, di comprensione e di ricordi condivisi e spezzati anzitempo.
Esattamente come la mia mente lo ricorda, i suoi occhi azzurri nei miei, la carnagione abbronzata, l'unica persona capace di indossare jeans e camicia a maniche lunghe nel bel mezzo del mese di agosto. Non so cosa pensa mentre mi guarda ma so che il mondo intorno sparisce, sbiadito come un banale acquarello, io e lui uniche forme ancora integre ed intatte, legate dal misterioso filo che ci unisce inspiegabilmente da quando una sera come tante, per la prima volta, il pubblico svanisce e solo il suono tenore del sax attraversa magicamente la sala.
So che ho poco tempo per dirgli parole che non escono dalla mia bocca e per non sentire le sue diventante negli anni ormai trasparenti. Poco tempo per l'impensabile azione di sentire ancora una volta al tatto la sua pelle.
Il campanile rintocca il conto alla rovescia ed infine nel silenzio riprendo il respiro e sorrido dicendogli che e' ora di cena, l'ora di tornare dalla propria moglie.
Ci salutiamo avvicinandoci l'uno all'altra ed ancora il suo profumo persiste nell'aria mentre già si allontana. Lo riconosco, e' ancora, sempre, lo stesso di dodici anni fa.